Debutta con successo la pièce Nella città l’inferno alla Sala “Chaplin” di Catania con la regia di Elisa Franco, in scena apprezzati Laura Guidotto e Rachele Patanè
Debutta con successo la pièce Nella città l’inferno alla Sala “Chaplin” di Catania con la regia di Elisa Franco, in scena apprezzati Laura Guidotto e Rachele Patanè
Lella Battiato Majorana
Emozionante pièce, alla Sala Chaplin di Catania, Nella città l’inferno per il cartellone “La carrozza degli artisti” 2018, in memoria del maestro Costantino Carrozza, diretta da Elisa Franco. Un testo di Dacia Maraini, versione teatrale dell’omonimo film di Renato Castellani, sceneggiatura di Suso Cecchi D’Amico, con Anna Magnani e Giulietta Masina (1959).
La storia ambientata tra le sbarre di un carcere femminile, con accurate scenografie di Arsinoe Delacroix, l’abile regia di Elisa Franco, anche nelle vesti di Egle che, nel gruppo fa la padrona, a volte cinica, ma con fascinazione li guida tra realismo e dramma, intrattenendo splendidi e duri scontri verbali in gergo popolare, distrae le guardie, ruba sigarette e cibo alle altre detenute. Eserciterà il suo potere sulla purezza di Lina sua protetta, interpretata da Laura Guidotto, che da timida signorina viene trasformata da Egle in sboccata “donnaccia”.
Scagionata uscirà dalla prigione ma ben presto vi rientrerà, ed Egle si rende conto di averla trasformata in un mostro. Tra amara ironia, dolori, odi e amore nel microcosmo di un carcere, in una convivenza forzata femminile si incontrano caratteri fortemente definiti di diverse origini e generazioni, ma ci sono anche gioie e sentimenti di amicizia e la vita oltre le sbarre è alla ricerca di un lieto fine.
Interessante e appassiona la recitazione di pancia con sguardo attonito emozionante di Marietta (Rachele Patanè) con volto contrito raggiungendo un’alta espressività. Emerge la doppiezza del personaggio Egle, che considera il carcere una vacanza e la prospettiva di non tornarci più una mera utopia, ma questa volta cambia qualcosa una umanizzazione, che diventa il fil rouge dello spettacolo, tra l’innocenza di Lina e il sogno dell’amore proibito della giovane Marietta nei confronti di un uomo che guarda con uno specchietto da una finestra.
Un amore ancestrale, fatto di anche di odio, è lo strazio profondo in scena Marinella (Enrica Pandolfo), che ingloba il tragico omicidio di un figlio, un errore nel quale l’infante ha perso la vita e l’intervento di Egle che cerca di evitarle la violenza delle guardie e la camicia di forza e trasmette al pubblico la sua stanchezza. Alla fine sostiene “io qui dentro non ci torno più” con un drammatico grido, ricordando le bellezze artistiche che può ancora ammirare, e il sole che è la vita.
Un affiatato cast completa lo spettacolo: Viviana Toscano, Caterina Balsamo, Terry Lo Vecchio, Anna Marletta, Mariachiara Puglisi, Carmela Trovato, Cinzia Bauccio, Orazio Marletta, Tony Gravagna.
“Ho scelto questo testo per due motivi: il mio amore per Anna Magnani e l’allettante versione in prosa della grande Dacia Maraini, argomenta la regista, che dandomi fiducia mi ha affidato il copione”. Continua “è uno spaccato di vita reale, il carcere diventa un piccolo agglomerato sociale nel quale si muovono diverse esistenze legate da un destino comune. Egle e Lina, le protagoniste subiscono una evoluzione/involuzione, influenzandosi a vicenda.
Lina perderà la sua ingenuità e i suoi buoni principi , spinta dalla ricerca di un’affermazione sociale più ampia”. Non mancano i momenti di riflessione e quasi di commozione nella platea, Franco rilancia “Egle, al contrario, ripiegherà lo stendardo da carcerata di cui si vantava e in lei avverrà una forte presa di coscienza che la porterà a desiderare una vita migliore di quella che ha fino a quel momento vissuto”.
In Nella città l’inferno, l’autore trasmette un grido di libertà, e la regista riesce a trasferirlo al pubblico, che a distanza di tanti anni coincide col grido delle detenute di oggi. La rottura con la società e il percorso di rieducazione in carcere, accompagnati da sostegno psicologico e sostegno di volontariato aiuta alla ricostruzione delle relazioni e al sedaqah, solidarietà della comunità, per riconquistare i valori della vita, la libertà e l’amore.
Le carceri sono discariche sociali, come le definiva Bauman, e servono per anestetizzare gli umori più violenti, adesso la nostra società si chiede e si pone il problema, se può esserci un modello di giustizia ripartiva alternativo!!!.
Programmata una replica a giugno con la presenza di Dacia Maraini.
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