“Troiane, canto di femmine migranti”: la tragedia dei rifugiati dall’antichità classica ai nostri giorni

“Troiane, canto di femmine migranti”: la tragedia dei rifugiati dall’antichità classica ai nostri giorni

Nicola Alberto Orofino firma la rielaborazione dei testi di Omero ed Euripide e la mise en espace

Nel cast Egle Doria, Silvio Laviano, Luana Toscano, Alessandra Barbagallo, Lucia Portale, Marta Cirello, Valeria La Bua

 

CATANIA – Declinare al femminile il tragico, inarrestabile esodo innescato dalla macerie della furia bellica: è il tema di Troiane, canto di femmine migranti, lo spettacolo itinerante prodotto dal Teatro Stabile di Catania per riflettere su un dramma che accompagna ciclicamente la storia dell’umanità, e tristemente attuale, non solo sulle rive e nelle acque del Mediterraneo. Dopo il successo ottenuto l’anno scorso, il titolo ritorna al Teatro Antico di Catania all’interno del cartellone di Anfiteatro Sicilia, promosso dalla Regione Siciliana.

La programmazione avrà luogo nel fine settimana di sabato 1 e domenica 2 settembre, alle 19.30. Più precisamente, la rappresentazione si svolgerà in sette stazioni, ognuna di circa 10 minuti, distribuite lungo gli ambulacri del sito classico. L’ingresso sarà scaglionato: ogni 30 minuti accederà un gruppo di 15 persone. L’entrata del primo gruppo è prevista alle 19.30, l’ultima alle 22.30, per un totale di 7 gruppi. In ciascuna stazione, il monologo o la scena recitata, la colonna sonora, l’interpretazione potrebbero cambiare per le infinite sfaccettature che la tematica suggerisce; di modo che ogni percorso sarà diverso e lo spettatore che volesse tornare alla replica si troverà di fronte ad una rappresentazione in parte o del tutto differente, aggiungendo nuovi tasselli all’esplorazione di una condizione dolorosa. Perché di donne deportate, offese nel corpo, piagate nell’anima, parla  questo lavoro tratto da Troiane di Euripide e Iliade di Omero, testi fondanti della letteratura e della drammaturgia universali.

La rielaborazione drammaturgica è di Nicola Alberto Orofino  che cura anche la mise en espace. Il cast annovera Egle Doria, Silvio Laviano, Luana Toscano, Alessandra Barbagallo, Lucia Portale, Marta Cirello, Valeria La Bua. Costumi e scene di Vincenzo La Mendola, assistente alla regia Gabriella Caltabiano.

Troiane, canto di femmine migranti è dunque dedicato alla tragedia delle popolazioni sradicate dalle proprie terre, ed in particolare al calvario delle donne, spazzate via dai venti di guerra. Come afferma Nicola Orofino nelle note di regia: «In questo mondo c’è sempre una guerra. Non fa più notizia. E la guerra, si sa, si nutre d’indifferenza, apatia, cinismo. Le conseguenze sono sempre le stesse, mi soffermerei su quella più immediata: si scappa da un posto di guerra verso un posto in cui non c’è guerra. E quando il posto verso cui si scappa è casa nostra? Non ci piace per niente. Perciò una guerra non fa notizia, ma discutere sulle sorti dei suoi rifugiati fa tuonare i mass media».

La riflessione di Orofino guarda al presente, ma parte dai grandi testi classici: «Nelle Troiane di Euripide, donne vittime di guerra attendono con dolore straziante la loro infima assegnazione come schiave ai vincitori. Quel dolore di ieri rivive oggi e sempre. E il dolore di chi non ha più niente, di chi ha perso la dignità, gli affetti, la propria terra. Quella terra che non esiste più, il cui nome è stato rimosso. Troiane, come donne e uomini di oggi, che devono ricostruire tutto, con quella debole forza di chi è stato cancellato».

Lo spettacolo è dunque un forte esempio di teatro civile. «Il lavoro – conclude Orofino – si inserisce nel solco dell’attività che io assieme ad attori come Egle Doria e Silvio Laviano, da sempre attenti alle sfide che la società ci impone, abbiamo svolto negli ultimi anni: ri-leggere i classici al fine di re-interpretarne il carico di possibilità tematiche e valori che sono in grado di sprigionare. Attraverso una storia “antica” che è patrimonio della cultura universale, la mise en espace prova a parlare agli uomini e alle donne di oggi e del nostro territorio, porta meridionale di quel faticoso progetto politico che si chiama Europa,territorio di scambi e ponti, di scontri e divisioni, ma anche di integrazione fra culture spesso in antitesi. L’arte del teatro mi sembra la più legittimata a riflettere su tutto ciò, perché è arte della contemporaneità fra chi produce relazioni e chi usufruisce di quel rapporto. Non intendiamo in alcun modo fornire risposte o soluzioni, ma accendere la miccia della consapevolezza, della critica, del ragionamento attorno ad un tema che ci tocca tutti nella nostra dignità di esseri umani. Un intento ambizioso, ma che riteniamo essere un urgente contributo nell’ottica della ricostruzione di nuove fondamenta civiche».

 

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