Felice debutto per “Il pescatore di Kalkan”: sogno di una storia dai confini geografico-culturali

Felice debutto per “Il pescatore di Kalkan”: sogno di una storia dai confini geografico-culturali

Libro e cortometraggio da Di Salvo a  Marchese e infine ai due registi Giuseppe e Franco Di Blasi

Lella Battiato Majorana

 

Al cinema Arena di Catania 14 ottobre tra un folto pubblico e molto applaudito, con feedback positivo, è stato proiettato  il cortometraggio “Il pescatore di Kalkan” tratto dal romanzo scritto a due mani da Riccardo Di Salvo e Claudio Marchese, realizzato dalla “Diblasi productions” e diretto dai due registi Giuseppe e Franco Di Blasi.

 

Romanzo epico della moderna globalizzazione, rivisitazione dell’Odissea, che si svolge a Kalkan (prima si chiamava Kalamaki), una città sulla costa turca del Mediterraneo orientale che comprende molti siti storici come Tlos e Kekova e spiaggia da sogno (tra cui quella di Patara e  Kaputas); è un’antica città di pescatori e l’unico porto sicuro tra Kas e Fethiye; affascina e ispira la fantasia dei nostri autori con le sue famose case bianche che scendono verso il mare, le sue bouganvillee dai colori vivaci ed è sempre accarezzata dal sole. Sin dall’inizio degli anni 1920 la maggior parte degli abitanti erano greci, partirono nel 1923 a causa dello scambio di popolazione tra Grecia e Turchia dopo al guerra greco-turca ed emigrarono nella vicina Kastellòrizzo e principalmente in Attica.

 

Tuffo nei sentimenti, ancestrali e moderni, un amore necessario e un po’ simbolo dei nostri tempi, racconto evocativo e mistico, in cui l’eroe greco è sostituito da un antieroe di religione islamica, il pescatore di Kalkan che narra la storia di Zorayr, pescatore umile ragazzo turco “dalla pelle ambrata, selvaggio e naturale come un frutto non coltivato”, che viene sedotto da Tina, ricca e colta giornalista siciliana, in vacanza sulla penisola anatolica. Nasce fra i due un incontro silenzioso, dentro una cornice che si snoda tra natura modernità e la sapiente regia dei Di Blasi interpreta in modo efficace il pensiero dei coautori, facendo muovere i personaggi tra flashback e riflessioni, e mettendo in risalto la rappresentazione di un mondo interiore che li accomuna, i cui moti sono dominati da sogno e sensazioni, ma differenti per estrazione socioculturale.

 

Incontro fatale tra spiaggia, mare e comportamenti quasi dettati da una coazione a ripetere freudiana che accomuna e ricompone i ruoli sessuali sempre gli stessi. Zorayr, come Ulisse, viene dal mare e incontra per caso Nausicaa/Tina, sulla spiaggia turca di Kalkan, la sconosciuta che lo attrae, affascina e seduce con le strategie più remote della comunicazione: il sesso.

 

 Una scrittura volutamente plurilinguistica miscela il linguaggio colto di Tina con quello folklorico di Zorayr legandolo con citazioni della cultura mediatica, alternandole con sequenze di registro linguistico lirico, e talvolta la semantica diventa simbolismo, dove la rigida punteggiatura è quasi abolita, rivoluzionando la grafica del testo.

 

L’opera potrebbe sembrare una storia d’amore a lieto fine, ma in effetti è tutt’altro: è una moderna Odissea scritta in prosa poetica, dai due coautori, entrambi amanti del viaggio inteso alla maniera del filosofo tedesco Nietzsche. “Il racconto di una storia dai confini geografico-culturali del viaggio vero ,compiuto dai coautori si innesta su una trama di ricordi che gli autori dipingono con pennellate di colore d’avanguardie novecentesche intrise di realtà crude e voli fantastici.

 

“Nel romanzo ricorrono brani di vita in stile verghiano, coniugati con citazioni cinematografiche e variazioni musicali: refrain di canzoni di Mina, Giuni Russo e Ornella Vanoni che risultano spaesanti per chi è abituato a serial tv con nessi temporali lineari prima, poi causa, effetto” osservano i critici Roberto AllegriMax Capitanio.

 

La musicalità del testo ornato di figure retoriche, sinestesie, analogie e metafore, impreziosiscono il contenuto,  hanno ispirato i registi Di Blasi per illustrare sentimenti e passare alla libera azione cinestetica, evadere dalla grigia realtà borghese, in favore del viaggio, stimolato da un insieme di sensazioni catturate dalla cinepresa che contengono molteplici significati. Intrecci culturali tra Oriente e Occidente sinergia con l’eredità arabo-bizantina, ma si viaggia verso l’Occidente globalizzato.

 

Sceneggiatura che cattura la luce di un’alba estiva girato tra S. Giovanni li Cuti, Playa di Catania e altre location, con giochi di chiarore e abilità tecnica.

Scelta sapiente degli attori che riescono ad assimilare il languore interiore dei due protagonisti interpretati da Ramona Polizzi, Danilo Arena e Antonio Bonanno per dare allo spettatore una visione esistenziale, mediante una rete di legami e di conflitti interiori che si istaurano fra i due personaggi principali e i contesti familiari, trapassare la patina del reale per creare nuovi significati e illuminare la realtà fenomenica in modo vibrante e personale.

 

Il film, come il libro, continua la linea del potere orfico e dall’esplosione delle albe illuminate del Sud entra nella realtà completamente trasfigurata di Milano.

Attori verosimili che sono riusciti a  incarnare i personaggi e la realtà del racconto, che grazie a loro si è trasformata in una ancestrale scatola dei sogni avvolta dai colori del mare.

 

Ramona Polizzi brava nel personaggio di Tina, si innamora subito del copione ed è lei la giornalista moderna in conflitto tra amore e carriera, tra i successi professionali a cui non vuole rinunciare e la famiglia che desidera costruire, rappresenta in pieno la donna moderna di oggi, ma non abbandona il ruolo materno per il suo Ulisse che non è neanche astuto. Una comunicazione fatta soprattutto di gesti e di sguardi i due sconosciuti si conoscono attraverso l’attrazione sessuale.

Nonostante faccia parte dell’alta borghesia mediatica, Tina, preparata sul piano lavorativo e orgogliosa non ha  bisogno di sedurre il capo per fare carriera, ma cede quasi per lanciare a se stessa un sfida da vincere. Evidenzia “ambiziosa sì, ma non arrivista. Questo set è stato speciale è nata subito una sintonia umana e professionale che ha permesso a tutti di dare il massimo, anche dopo 15 ore di lavoro” Attualmente ha iniziato le prove al Teatro Stabile che la vedranno impegnata con “Le novelle di Pirandello”.

 

Il pescatore di Kalkan è stato interpretato e reso fruibile da Danilo Arena che evidenzia “è stata davvero una bella esperienza. Ho  lavorato benissimo con i registi si è creato un set meraviglioso che ha visto come ingredienti principali tanta arte, passione e sacrificio”.

 

Il ruolo molto simpatico di Frou Frou è stato interpretato da Antonio Bonanno che con aria accattivante chiarisce “dopo varie esperienze in Rai e Mediaset, da “Squadra antimafia” a “Le mani dentro la città” e “La mafia uccide solo d’estate”, ho interpretato un ruolo che non mi era mai stato assegnato e mi ha permesso di mettermi alla prova all’interno di un cast di spessore come quello de “Il pescatore di Kalkan”. Prossimamente sarà in teatro insieme con la compagnia teatrale di cui fa parte preparare una commedia musicale.

 

Corto intelligente che riesce a dare sensazioni, intuizioni, entrando nell’animo dei personaggi stuzzicandoli, provocandoli per riportandoli a come siamo oggi con debolezze voglia di tramandare e flashback; ogni spettatore ritrova emozioni, impara a saperle maneggiare, senza molte parole, che spesso sono armi con cui avere sempre ragione.  E allora, buona visione alla prossima rappresentazione che si troverà a breve nei cinema.

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