SALVADOR DALI’: LA MOSTRA AL CASTELLO URSINO DI CATANIA

SALVADOR DALI’:

LA MOSTRA AL CASTELLO URSINO DI CATANIA

Angela Ganci

 

L’immortalità dell’arte: un’espressione comune per rappresentare quanto di atemporale e affascinante ogni forma d’arte rechi in sé, e che, a Catania, porta la firma di Salvador Dalì, artista poliedrico, il cui genio rivive nelle opere esposte presso la sede del Museo Civico Castello Ursino. 

Inaugurata il 17 Novembre 2018, fino al 10 Febbraio 2019, la mostra Io Dalì, sostenuta dal Comune di Catania in collaborazione con la Fundació Gala-Salvador e supportata dal Ministero della Cultura spagnolo, rappresenta un’opportunità unica per rivivere il Dalì Artista e il Dalì Uomo, desideroso di essere acclamato, perciò molto attento a un’immagine costruita, durante le pubbliche apparizioni e le stesse opere, in particolare quelle di riproduzione della propria immagine. 

E così, all’interno delle suggestive stanze del Castello, attraverso sedici dipinti, ventuno opere su carta, ventiquattro video, e innumerevoli fotografie, il visitatore viene catturato dal Dalì leggenda, quello che, come si legge in una didascalia, “vuole stupire, affascinare, tanto più distante dalla realtà risulti l’immagine pubblica”. 

Un’immagine immortalata su tela che consegna il Dalì genio e surrealista, attraverso il famoso Autoritratto con il collo di Raffaello del 1921, di chiara ispirazione rinascimentale, e il Dalì divo, fino alle fotografie dei suoi baffi e degli occhi sgranati, in un tentativo di suggestionare, lasciando un’impronta, come solo un perfetto showman riesce a fare.

E quale migliore mezzo se non i mass media per apparire, sconvolgere, lasciando il segno indelebile dell’Artista che non tramonta? 

Ecco, che, tra foto e copertine di riviste (tra cui quella del Time datata 1936), la mostra ripropone la partecipazione dell’artista in veste di ospite a un concorso televisivo americano di grande popolarità come What’s My Line? trasmesso nel 1957 dall’emittente CBS, poiché, per Dalì, la popolarità e il mito si costruiscono attraverso la comunicazione mediatica e quindi l’auto-promozione. 

I media, strumenti di fronte ai quali l’artista appare favorevole, almeno per scopi promozionali, pur considerandoli “strumenti che sviliscono e rincretiniscono le folle, ma poiché poi i quadri si vendono di più, perché non usarli?”. 

Dalì, un artista ammirato e osannato, multiforme, impegnato nella pubblicità e negli show televisivi, nella pomposità, non meno che nella puntuale ricerca stilistica, “nell’impegno e nello studio protratto, anche per quattordici ore al giorno”, mai alla sola ricerca di un’inconsistente e vacua popolarità di artista, poiché la fama viene nutrita, giustificata, confermata,appunto da un lavoro costante, da una materia artistica di eccellente valore che i media (e le mostre altro non sono che esposizione pubblica di opere di avanguardia) ancora a trent’anni di distanza, trasmettono e apprezzano, al di là dei voluti effetti scenici, fumosi,apposta orchestrati del personaggio Dalì. 

Ricerca spaziale e geometrica che ha portato l’Artista, dalla fine degli anni Sessanta, a sperimentare la terza dimensione, nucleo centrale della mostra catanese, anticipando quello che sarebbe stato il 3D e proponendo opere stereoscopiche che permettono di realizzare la pittura in tre dimensioni, suggerendo l’illusione di profondità nella bidimensionalità, conferendo ingegno e passione a opere ricercate che a tutt’oggi rappresentano indiscussi capolavori dell’Arte contemporanea. 

 

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