Gli ebrei in Sicilia

Gli studenti dell’Alberghiero “Karol Wojtyla” e del Liceo Classico “N. Spedalieri” alla Biblioteca “Civica e Ursino Recupero” per la mostra “Gli ebrei in Sicilia”

 Lella Battiato Majorana

 

In occasione della Giornata Europea della Cultura ebraica, gli alunni dell’Alberghiero “K. Wojtyla” e Liceo Classico “N. Spedalieri”, Dirigente Scolastico e Reggente Daniela Di Piazza, nel progetto alternanza scuola-lavoro, interessati e incuriositi hanno visitato la mostra “Gli ebrei in Sicilia” presso la Biblioteca “Civica e A. Ursino Recupero”. È seguito un pregevole seminario sul tema che ha coinvolto con successo gli studenti; un appuntamento importante per costruire un percorso di dialogo anche tra le diverse civiltà che compongono il mosaico culturale della nostra società.

Apre con i saluti Rita Carbonaro, dirigente della Biblioteca “Civica e Ursino Recupero” di Catania, che ha organizzato con perizia una preziosa mostra articolata in una parte didattica che in 22 pannelli curati dallo studioso di storia e cultura ebraica Nicolò Bucaria e con enfasi  chiosa “oggi è un’esperienza nuova per la biblioteca avere tanti ragazzi, con grande vitalità e movimento, mi auguro che si possa ripetere ancora; mi congratulo per l’organizzazione e soprattutto per gli allievi di accoglienza, impeccabili e perfetti, al ”Karol Wojtyla” vengono formati in maniera egregia, ai quali auguro un futuro radioso per realizzare i loro sogni nel settore specifico. Qui dove si svolge il convegno è bello accogliere nuove generazioni, un privilegio e gli studenti hanno lasciato il loro segno, dove nel passato tutti i grandi della storia da Goethe a Honoré de Balzac e altri hanno illuminato di cultura questa sala”.

Il Dirigente, “in questo binomio tra “Wojtyla” e “Spedalieri” è bello scoprire che si possono fare tante cose insieme, i percorsi non sono separati, ma si unificano in una grande via della conoscenza, scoperta delle nostre origini, cultura della diversità, affrontando tematiche comuni: l’olocausto e la violenza sugli ebrei. Si coniuga un momento di confronto insieme perché ci sono tanti aspetti che implicano riflessioni comuni interscambiabili, ricostruzione del territorio culturale ed enogastronomico, abbiamo unificato le due realtà che sembrerebbero separate l’Alberghiero con le sue attività ricettive e il Liceo Classico nello specifico approfondisce temi legati alla classicità”. “Una giornata inserita nell’attività dell’alternanza scuola-lavoro, continua il dirigente, che non è legata solo a percorsi scolastici professionali,  contestualizzati secondo la specificità delle scuole, ma aiuta a scoprire aspetti che possono sperimentarsi in ambiti specifici ed  interpretati nel mondo del lavoro”

Carmelo Napoli vicario del Liceo Classico “Spedalieri”, con chiarezza ha voluto dare significatività all’incontro nella storica sala, sottolineando come la civiltà ebraica, simbolo di violenza su un popolo, ci porta ad allargare la nostra riflessione, anche agli ultimi avvenimenti di cronaca, che subiamo ogni giorno nella nostra città e la violenza sulle persone. “Questa mostra ci invita a conoscere a scoprire curiosità e porta voi studenti a confrontarvi da “cives”, cittadini, con il rispetto per l’Altro e la cultura: principale strumento per contrastare le violenze”

Salvatore Castro presidente Comitato “Antico Corso” (zona tra via Plebiscito e piazza Dante), ha illustrato il percorso di “cittadinanza attiva”  intrapresa dal Comitato ed il suo  ruolo nella promozione della “ricostruzione” della memoria storica e culturale della nostra città.

Il Comitato, spiega Salvatore Castro,  ha avvertito l’esigenza  di  riappropriarsi  della storia della nostra città, che ribadisce ha stessa età di Roma,  partendo dalla ricostruzione di tutte le fasi temporali,  succedutesi in questo territorio, abitato fin dal 3500 avanti di Cristo. Questa indagine effettuata sul terreno attraverso il rinvenimento di segni fisici (a volte labili) ha fatto emergere la presenza Greca, quella romana e così via fino  al Rinascimento grazie alle poche testimonianze pre-terremoto ancora presenti, come il Bastione degli Infetti, tutto ciò ha consentito di  costruire un percorso di riappropriazione  culturale, di  restituire dignità ad un quartiere quale l’Antico Corso, conosciuto ai più per fatti di cronaca negativi e un giusto orgoglio di appartenenza a chi vi abita. Eppure questa porzione  di città che custodisce tanti reperti storici,  ha anche visto la presenza delle comunità ebraiche ed il loro apporto alla vita economica e culturale della nostra città.

Il Presidente ha  posto l’accento sulla necessità di imparare a riconoscere i linguaggi ed i segni “premonitori” della strisciante  sottocultura della differenza: “Noi e Loro”preludio  comune ad ogni processo di segregazione e discriminazione di altri esseri umani con gli esiti nefasti che abbiamo visto e purtroppo continuiamo a vedere,  ieri verso gli ebrei,  oggi verso popolazioni che guardano alla nostra terra come una “terra promessa”,  una promessa di pace che, in realtà spesso non viene raggiunta.

Elvira Tomarchio, con chiarezza traccia la nuova ricostruzione della storia degli ebrei grazie a un evento del 2000, quando si sono fatti lavori di scavo a Catania; la storia va studiata a ritroso, accogliere i segnali e saper leggere i processi di riqualificazione non trascurando l’identità territoriale.

Nel suo intervento, la dott.ssa Luna Meli in modo accurato e con competenza espone le tracce della presenza ebraica in Sicilia. Sono datate già a partire dal periodo romano, negli anni della dominazione araba la comunità ebraica siciliana raggiungerà l’apice del suo sviluppo culturale e, al 1492, anno dell’espulsione degli ebrei dai territori spagnoli, si contano 44 comunità di cui le maggiori – Palermo e Siracusa – avevano circa 5000 unità. A differenza di quanto avverrà dopo il 1555, anno della promulgazione della bolla papale “Cum nimis absurdum”, inoltre, la giudecca di Catania non ha né mura né porte, in quanto il ghetto come quartiere chiuso che doveva limitare i rapporti fra cristiani ed ebrei non esisteva. Gli ebrei, infatti, vivevano normalmente in un’area circoscritta della città per rispondere a necessità di tipo religioso legate al rispetto dello shabbat, ma senza che ci fossero delimitazioni fisiche fra quartiere ebraico e restante parte della città.

La giudecca di Catania è suddivisa in due grandi aree, la giudecca inferiore, corrispondente all’attuale area compresa fra la pescheria, piazza Federico di Svevia e piazza Ss Cosma e Damiano e la giudecca superiore, coincidente con l’attuale piazza Dante. Entrambe le zone sono luoghi che l’archeologia classica ci conferma essere ricchi di fonti acquifere ed è per questo motivo che gli ebrei scelsero questa zona della città per insediarsi, data la necessità di essere prossimi a corsi d’acqua per consentire la creazione dei mikveot rituali. Secondo le fonti, un mikveh doveva trovarsi fra via Cipriana e via degli Orfanelli, nell’area antistante piazza Dante. L’area della pescheria e dell’attuale p.zza Mazzini, essendo luoghi deputati al mercato, erano le aree in cui avveniva più spesso l’incontro fra comunità cristiana ed ebraica per lo scambio dei rispettivi prodotti (alimentari in caso cristiano, artigianali in caso ebraico).

A causa delle grandi catastrofi naturali del XVII secolo e, soprattutto, dell’assenza di una comunità ebraica dal 1492 a tutt’oggi, le tracce della presenza ebraica sono riconoscibili con estrema difficoltà e sono riscontrabili soprattutto a partire da un discorso topografico. Alcune vie dell’antica giudecca, infatti, mantengono ancora oggi nomi che ricordano il legame col mondo giudaico. Fra queste ricordiamo:

– Via Gisira, vicino p.zza Federico di Svevia, che prende il nome dalla gizya, tassa che in periodo arabo dovevano pagare le minoranze religiose all’autorità mussulmana;

– Via degli Angeli, vicino via S. Anna, chiamata in passato via delle Candele. L’antico nome si ricollega alle candele della festa di Hannukkah, la festa delle luci, che ha come centro focale proprio l’accensione delle candele (una al giorno) del candelabro a sette bracci;

– Via delle Palme. Questa traversa di via Vittorio Emanuele II ricorda ancora un luogo ad alta concentrazione di piante di palme, che sono il punto focale della festa delle Sukkot, la festa delle capanne;

– Vicolo Maura. Questo piccolo vicolo, oltre ad essere uno scorcio di medioevo in città, prende il nome dal termine “marranos”, gli ebrei convertiti.

Altro elemento centrale è poi la ricristianizzazione dei luoghi ebraici dopo l’espulsione del 1492, in particolare per ciò che concerne l’ospedale israelita e la sinagoga. Il primo edificio si trovava dove oggi è la chiesa dei Ss. Cosma e Damiano, mentre la seconda, in via S. Anna, è oggi sostituita dalla chiesa di Sant’Anna. In entrambi i casi, edifici significativi del mondo ebraico vengono sostituiti con delle chiese, per riconfermare la presenza cristiana; il valore di quest’operazione assume rilievo notevole soprattutto se consideriamo che Sant’Anna altro non è che la madre di Maria Vergine, quindi della madre di Gesù, fondatore del cristianesimo.

Il moderatore Lella Battiato ha puntualizzato che i pannelli didattici sono una riproduzione a cura dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane (Ucei) della mostra “Sicilia giudaica. 2000 anni di presenza ebraica in Sicilia” realizzata nel 2002 dall’Assessorato regionale ai Beni Culturali. Nei pannelli didattici e volumi preziosi si racconta una convivenza a volte pacifica altre tormentata, iniziata con i romani. La presenza degli ebrei in Sicilia, è stata importante e apprendiamo che tra i Mille garibaldini 9 erano ebrei. Grazie alla mostra riusciamo a sapere che durante la Seconda Guerra Mondiale, tra luglio e agosto 1943, nel contingente di ben 478.000 militari inviati per lo sbarco in Sicilia, vi erano parecchi ebrei che a Catania ebbero una loro sinagoga in viale XX Settembre e, sempre nel 1943, festeggiarono il loro capodanno, Rosh HaShanah, e lo Yon Kippur al cinema Lo Po preso in affitto.

Un evento che ha offerto ai ragazzi, grazie al direttore Rita Carbonaro, la possibilità di apprezzare anche il calendario astronomico ebreo del XIII secolo, perla della biblioteca, opera autografa del rabbino astronomo e matematico Immanuel ben Iacob Bonfilis (1330 -1377) studiò le eclissi e le fasi lunari, di cui esiste una copia alla biblioteca “Bodlejana” di Oxford. Una perla arrivata alla biblioteca dei Benedettini di Catania grazie alla generosità di don Placido Maria Scammacca che, su mandato dell’abate, acquistò a Roma nel 1741, i pezzi più pregiati della biblioteca del cardinale Jacopo Lanfredini lasciata per testamento ai sacerdoti missionari che la misero in vendita. Successivamente i volumi più importanti e di grande rarità, di cui il calendario ebraico, provenivano dall’eredità di famiglia e dalla biblioteca fiorentina di Giovanni Battista Lanfredini, ministro di Lorenzo il Magnifico.

La Giornata Europea della Cultura Ebraica celebra la forza della vita e della speranza.

 

 {gallery}2017/Ebrei_Sicilia{/gallery}

admin

admin