Guido Reni a Nicosia

Nicosia, chiesa S. Calogero Guido Reni e la “Magnificente Bellezza” capolavori da Ascoli Piceno

Lella Battiato Majorana

 

Nel cuore della Sicilia, a Nicosia in provincia di Enna, è possibile ammirare fino al prossimo 5 novembre, nella chiesa di S. Calogero, un gioiello del barocco siciliano edificata alla fine del ‘660 dalla Confraternita Santa Maria degli agonizzanti, dove sono disposte tre opere al centro davanti l’altare maggiore insieme alla suggestiva e ammirata “Annunciazione” di Guido Reni, capolavoro assoluto dell’arte del ‘600, per la prima volta in Sicilia, grazie alla mostra “Guido Reni e la magnificente bellezza. Capolavori da Ascoli Piceno”.

Curata da Stefano Papetti e Antonio D’Amico, grazie alla proloco al Comune e alla Camera di Commercio, la mostra nasce con l’obiettivo di sostenere il territorio marchigiano ferito dall’ultimo sisma che ha devastato il Centro Italia, e finanziare il restauro di un’opera del territorio ascolano fortemente colpito nel territorio. La preziosa mostra ha attirato numerosi turisti e mette in scena anche due tele pendant del caravaggesco Giacinto Brandi con il Beato Bernardo Abate e S. Benedetto Abate, provenienti dalla chiesa ascolana di Sant’Angelo Magno, da dove sono state rimosse, dopo i terribili danni del terremoto del 30 ottobre 2016; raffigurano due colonne portanti dell’Ordine Benedettino, con pregnante devozionalità,  risentendo nelle pennellate chiaroscurali dell’influenza di Mattia Preti, l’artista calabrese che completò la sua prolifica carriera artistica a Malta e inviò diverse opere in Sicilia, che ancora oggi possiamo ritrovare.

“L’Annunziata” di Guido Reni, artista bolognese che aveva già dipinto in varie circostanze questo soggetto: una prima versione risalente agli anni 1610-1611, era destinata alla Cappella dell’Annunziata del Palazzo del Quirinale, dieci anni più tardi dipingeva la tela della chiesa di S. Pietro in Valle a Fano. La redazione ascolana risale agli anni 1628-29, mentre l’ultimo esemplare eseguito successivamente, venne collocato a Parigi nella chiesa dei Carmelitani.

La tela rivela cura dei dettagli, attenzione ai valori “tattili” che si ritrova nella puntuale trascrizione pittorica dei gioielli che ornano la veste dell’Angelo annunziante, creando armonia sui campi luminosi, i morbidi capelli, l’atmosfera del paesaggio, le stoffe seriche che derivano anche dalla conoscenza delle incisioni di Albrecht Dürer. La letteratura artistica ha messo a confronto Raffaello e Reni, per grazia e bellezza, ripresa poi nell’Ottocento dal neoclassicismo.

“L’angelo” dipinto da Guido Reni, il maggior pittore italiano del XVII secolo, come fa notare il sindaco di Ascoli Piceno Piero Solani, preziosa tela, diventa ambasciatrice della città che nel passato ha attraversato l’Oceano per essere esposta a New York e  porta “un messaggio di amicizia e di arte che si impone attraverso le forme leggiadre e gli incanti cromatici del “divino Guido”, trasmettendo nella nostra città l’immagine più attraente che si possa immaginare”.

L’esposizione delle tre tele ascolane a Nicosia impreziosiscono il collezionismo religioso di ricche famiglie che fecero arrivare qui opere seicentesche significative, come quelle di Jusepe de Ribera detto Lo Spagnoletto, Pietro Novelli detto Il Monrealese e Salvator Rosa, custodite nella Cattedrale, ma anche gli straordinari affreschi che il fiammingo Guglielmo Borremans lascia nella chiesa di San Vincenzo agli inizi del’700.

Il presidente della proloco Charlie La Motta, archeologo geofisico, con passione dichiara “l’arte aiuta l’arte”, continua “le opere esposte fanno parte di un progetto pilota nazionale con aspetto solidale, un eco artistico per tutta l’Italia, sono espressione dell’immenso patrimonio artistico italiano, che rischia di essere dimenticato e questo progetto nasce per il recupero”.

La location non è casuale: la chiesa di S. Calogero, un gioiello la cui costruzione risale al 1400, infatti sottostanti al piano di calpestio ci sono catacombe che aspettano di essere restaurate; fu affrescata successivamente dai fratelli Randazzo di Nicosia ed uno dei due, Filippo, per un periodo della sua vita ha studiato a Roma, in una bottega di un maestro d’arte, e all’interno fece conoscenza con Giacinto Brandi, l’autore del Beato Bernardo. Insieme i due artisti ebbero la fortuna di conoscere Guido Reni. La Motta continua “all’interno di questo contenitore abbiamo fatto re-incontrare dopo 500 anni i tre grandi maestri dell’arte italiana”.  

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