Invasioni

 

Una produzione Teatro Stabile di Catania in collaborazione con l’Associazione Culturale Neon diretta da Piero Ristagno

 

“Invasioni”: inno alla vita e alla comunicazione tra gli esseri umani per superare il guscio della forma

 

Alla Sala Verga dal 6 al 18 febbraio. Regia di Monica Felloni. Dedicato al fotografo Mustafa Sabbagh

 

 

CATANIA – «Il cuore batte ininterrottamente. La nascita è un dono del cielo, dell’altrove, dell’insondabile. Invasioni racconta la vita così com’è e deve essere. Né puoi fare alcunché per arginarla, più alti e spessi sono i bastioni, più tenace è l’assedio, più certa la vittoria. È invasione la vita. Invasione di corpi, menti, gesti, suoni. Il ritmo lo dà il battito. Indica il percorso, galvanizza le truppe nella battaglia quotidiana. E si combatte con una danza mai danzata così, con un canto mai cantato così, con parole mai recitate così, con attori mai visti così, con il pubblico mai presente così».

Il poeta e drammaturgo Piero Ristagno e la regista e attrice Monica Felloni, compagni d’arte e vita, riassumono in questa intensa riflessione l’essenza stessa dello spettacolo prodotto dal Teatro Stabile di Catania in collaborazione con la pluripremiata Associazione culturale Neon, fondata dalla coppia nel 1989, raggiungendo in trent’anni importanti traguardi e ottenendo prestigiosi riconoscimenti, tra cui, nel 2013, il Premio “Teatri delle diversità”, abbinato a quello promosso dall’Associazione nazionale dei critici. La sinergia con Neon ha portato ad inserire Invasioni nel cartellone principale, in considerazione dell’assoluto valore artistico, che si somma ai risvolti significativi dell’apertura dello Stabile etneo ad una piena cultura dell’inclusione.

L’allestimento, dedicato al geniale fotografo Mustafa Sabbagh, che ha firmato backdrops e tracce audio originali, sarà in programmazione al Teatro Verga dal 6 al 18 febbraio, per la sapiente regia di Monica Felloni, che è altresì tra i creatori del titolo insieme a Patrizia Fichera, Stefania Licciardello e Manuela Partanni, la quale ha anche curato i movimenti coreografici. I costumi sono di Gaetano Impallomeni, i video di Jessica Hauf (sempre per la regia della Felloni), il disegno luci di Francesco Noè. Il nutrito cast degli interpreti annovera Alessandro Barilla, Kevin Cariotti, Anna Cutore, Emanuela Dei Pieri, Danilo Ferrari, Antonio Fichera, Alfina Fresta, Angela Longo, Manuela Munafò, Dorotea Samperi, Gaia Santuccio, Carmelo Sciuto, Giovanni Sturiale, Antonino Torre; in particolare Gaia Santuccio esegue la danza aerea e Alfina Fresta il canto lirico.

«La nostra invasione – sottolineano ancora Ristagno e Felloni – è comunicazione fra umani che permette prodigi momentanei ed eterni. È arte, perché ogni essere umano è un capolavoro, un’opera unica. Così come lo è l’arte di Mustafa Sabbagh, al quale lo spettacolo è dedicato, che dallo spettacolo è stato invaso, che dello spettacolo è invasore, con le sue foto. Si può volare anche se non si è in grado di stare in piedi. Si può scrivere anche se non è in grado di reggere in mano una penna o di potere muovere le dita su una tastiera. Invasioni è un unicum in cui la comunicazione non verbale e quella verbale si fondono, in cui riti tribali e ancestrali si attualizzano, esaltano la divinità del grano, della pioggia, dello straniero che giunge da lontano ed è straniero solo a chi si volta, a chi non ha il coraggio di specchiarsi».

Invasioni è un inno all’urgenza di vita, alla necessità di vivere, di essere quel che si è perché così è. Invasioni è esso stesso un organismo che è come deve essere: il teatro dello straordinario reso ordinario, così come dovrebbero essere i rapporti nella società ideale, dove ognuno occupa il posto che ha e lo condivide con chi gli sta accanto, con chi incontra, rispettando. Significativa ed emblematica, in questa visione, è la scelta dei testi di William Shakespeare, Walt Whitman, Piero Ristagno, Danilo Ferrari, Stefania Licciardello, Federico Ristagno: un ordito cucito dalla regista Monica Felloni per raccontare che i confini sono fatti per essere superati, che il limite è una convenzione, un punto di vista, che Vivere non è il prodotto di un regolamento, ma è quel che è, Vivere, e lo si fa come si può, ognuno unico e gruppo, individuo e famiglia, cittadino e società. Nulla è lasciato al caso. Dalla nascita alla battaglia finale. Attraverso la disgregazione dei ruoli, dei luoghi comuni, dell’apparire dettato da bugie, convenzioni, strutture che vengono demolite. Mentre osservi quel che avviene sul palco e in video, non puoi non capire. Non puoi non dire che ancora non sai.

Invasioni è strutturato, come una composizione letteraria, in cinque capitoli: “La bellezza ferisce”, “La necessità della fuga”, “La pelle della Terra”, “XI Comandamento: non dimenticare”, “Ogni preparativo è fatto”. Ed è un susseguirsi di colpi di scena; un’esplosione di voci, canti, danze, interpretazioni. Emozioni, visioni, suggestioni. Poesia pura, la poesia dei movimenti, delle parole, degli sguardi. È la vita che si manifesta con la forma che devi accettare ma che non devi subire. Devi anzi pretendere che sia inaccettabile il non saperla osservare per quel che è: forma. Soltanto forma. Invasioni è l’imposizione del “siamo” umani che camminano su questa Terra accanto ad altri umani. Non dimenticare è l’XI comandamento di Sabbagh. Non è un’autocitazione. È un messaggio: non dimenticare la tua umanità.

 

 

 

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