DONNE VIOLENTE: L’ALTRA FACCIA DELLA PARITÀ REPORT DEL CONVEGNO DI PALERMO

Donne violente: l’altra faccia della paritÀ

Report del Convegno di Palermo

 Angela Ganci *

 

Violenze, stalking, omicidi, vendette personali, gelosie mortali: eventi infausti espressione dell’aggressività umana, e veicolati, nelle loro efferatezze, dai mass media dove sovente protagonista assoluto è l’uomo, nella dispiegazione della sua forza fisica e brutalità distruttrice.

Un dato di fatto, confortato dalle statistiche, quello del femminicidio, che impaurisce e allarma, dove la donna vittima cerca protezione, sostegno, incapace essa stessa di qualsivoglia azione malvagia, annientatrice.

Se, a una prima ricognizione, le violenze vedono le donne succubi, come in un indiscusso clichet, non mancano però vicende di cronaca che, seppur numericamente inferiori, testimoniano di un fenomeno dove invece la vittima è l’uomo, e la donna diviene autrice di atrocità, non differentemente dal sesso maschile.

Del fenomeno noto come maschicidio si è discusso, nell’ambito del convegno organizzato dallo Studio di psicoterapia della Dott.ssa Angela Ganci (patrocinio Ordine degli Psicologi della Regione Siciliana e degli Avvocati di Palermo), argomentando  sulle caratteristiche psicologiche delle donne autrici di reati sanguinari e delle tutele giuridiche e psicologiche delle vittime, davanti  a una folta platea di psicologi, giuristi ed educatori in un dialogo fitto, a carattere interdisciplinare.

“L’idea da cui il Convegno è partito è stata la considerazione per cui, nel panorama dei diritti storicamente conquistati dalla donna, davvero poca attenzione è stata posta al diritto della donna a vedersi riconosciuta e ad esprimere quella sfaccettatura sadica della sua personalità, che può includere l’aggressività, alla pari del maschio. A stimolare tale riflessione è stata la visione della puntata di Amore Criminale, nota trasmissione televisiva, in cui si descriveva la vicenda di William Pezzulo, sfregiato con l’acido dalla cieca brutalità della sua ex. Un’esecuzione per vendetta, una pena che è costata all’uomo vari interventi chirurgici e la quasi cecità – spiega Angela Ganci, organizzatrice dell’evento -. Chi sono queste donne assassine, autrici di stalking e omicidi lenti e cruenti? Come caratterizzarle a livello psicologico? Solitamente si tratta di donne con apparenti vite normali, simpatiche, affabili, che nascondono passati di abusi da cui intendono riscattarsi, che non accettano i rifiuti. Il meccanismo psicologico che determina il passaggio dal ruolo di vittima a quello di carnefice è noto come identificazione con l’aggressore, per cui la vittima pensa che appropriandosi delle caratteristiche del proprio aggressore, sarà in grado di neutralizzarlo.

La loro motivazione principale è il potere psicologico sull’uomo, come nel caso delle infermiere killer, in grado di decidere della vita e della morte, ma esistono anche motivazioni di tipo economico o per vendetta e gelosia”.

Se la letteratura scientifica sulle donne violente e assassine è meno corposa di quella dedicata all’uomo, simile sorte tocca alla giurisprudenza in materia di tutela delle vittime maschili, rispetto alla quale gli addetti ai lavori intravedono la necessità di urgenti proposte operative.

“Il maschicidio è un fenomeno da attenzionare e monitorare – sottolinea Maria Antonietta Cocchiara, avvocato penalista -. Oggi più del 30% degli uomini dichiara di subire violenza entro le mura domestiche, ma le denunce sono rare per la vergogna dell’uomo che culturalmente si crede autore e mai vittima di violenza. Rispetto ai reati omicidiari da parte della donna la giurisprudenza non si è pronunciata poiché i fenomeni di violenza che culminano in omicidio dell’uomo sono infrequenti e la credenza culturale della donna potenziale vittima molto forte. A mio avviso però si avverte la necessità di una tutela giuridica che parifichi l’uomo alla donna in quanto a benefici legali, a partire dalle misure di contrasto allo stalking, prodromico spesso di assassinio”.

Una sfida giuridica che, in ottica preventiva, dovrebbe interessare le agenzie educative preposte al contrasto della violenza, fin dai primi anni di istruzione.

“Oggi si assiste sempre più al bullismo al femminile dove minacce e soprusi di future donne sono subdole, mai o raramente corporali, ma consistenti in derisioni, e la manipolazione psicologica è l’arma principale utilizzata – commenta Antonino Leonardi, pedagogista –. Il bullismo e la violenza sono emergenze educative per il cui contrasto è richiesta la partecipazione di scuola e famiglia e l’istituzione di un’unità di pedagogia scolastica, al fine di rendere i pedagogisti presenti e attivi all’interno dell’istituzione scuola, in quanto figure di supporto all’insegnante e ai genitori nella relazione educativa attraverso cui passa la trasmissione dei valori di civiltà, rispetto per l’Altro e difesa delle potenziali vittime attraverso una formazione dedicata alla valorizzazione del Sé e alla denuncia di qualsiasi forma di prevaricazione, più o meno tangibile”.

* Psicologo Psicoterapeuta Giornalista Pubblicista

 

 

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