Giustizia di prossimità per migliorare e dare risposte pronte a cittadini e imprese

Giustizia di prossimità per migliorare e dare risposte pronte a cittadini e imprese

Carlo Majorana Gravina

 

L’Italia necessita di riforme serie e coraggiose; nessuna sorpresa, quindi se, a Catania nella stessa giornata, a pochi passi l’uno dall’altro, si siano svolti due convegni sul nuovo codice degli appalti e quello, paradossale, sulla giustizia di prossimità.

Il secondo, “Riaprire i Tribunali soppressi per migliorare la giustizia e ridare dignità ai territori”, svolto al centro Zo nuove culture, ha richiamato, alla memoria del cronista, l’appassionato dibattito del convegno Unicost “Circoscrizioni Giudiziarie e Piante organiche: opinioni a confronto” (marzo 2013), con il “nuovo” presidente nazionale Anm Rodolfo Sabelli “riforma legata allo spending review, mentre le spese di giustizia non dovrebbero venire considerate un costo, bensì un investimento, e il direttore dell’Organizzazione giudiziaria del ministero Luigi Birritteri, che chiuse il dibattito dichiarando lapidariamente “superato il 13 settembre, modifiche e innovazioni saranno impossibili”.

In quella circostanza, con garbata chiosa al titolo del convegno, il presidente dell’Ordine Forense di Catania Maurizio Magnano di San Lio, certo sconcertato dalla frase “riforma necessaria in considerazione dello stato delle risorse umane passate da 60mila a 37mila unità. L’intervento sulle piante organiche ha comportato decurtazioni necessarie per conseguire una ragionevole spalmatura dei 7mila magistrati, evitando storture, realizzando economie di scala”, osservò “le opinioni chieste … più che a confronto debbono essere fornite a conforto. Non esprimo dissenso, rappresento esigenze”.

Partì allora la lunga marcia del Coordinamento nazionale Giustizia di Prossimità, che ha riunito a Catania sindaci ed esponenti delle realtà locali e professionali provenienti da tutta Italia. Il convegno, seguito con interesse dal senatore Raffaele Stancanelli, membro Commissione Giustizia che ha assicurato impegno fattivo sul punto, è stato coordinato con rigore e puntiglio dall’avvocato Enzo Galazzo.

La richiesta di riformare la riforma, a pochissimi anni dal suo varo, fa considerare con dispiacere come  siano malridotte le istituzioni italiane e sia scaduta la qualità del legislatore. La chiusura di 30 Tribunali “minori” e 220 sezioni staccate, sconvolse Tribunali e relative presidenze, impinguando “ruoli”, già pesantissimi, senza direttive specifiche, fermando di fatto numerosissimi processi.

Del resto, anche qui, il legislatore ignora la complessità del territorio italiano e le carenze logistiche e infrastrutturali che lo affliggono. “Nell’abolire il Tribunale di Nicosia – ha dichiarato Stancanellinon hanno considerato che d’inverno, raggiungere Enna da tutto il comprensorio è estremamente problematico”; l’avvocato Piergiacomo La Via, che conosce la questione anche da ex-sindaco di Nicosia, ha sottolineato un aspetto rilevante soprattutto per la giustizia penale “I tempi si allungano e sui processi aleggia il fantasma della prescrizione”, questione oggi molto dibattuta al ministero e in Parlamento.

Il grave vulnus inferto al sistema giustizia con la riforma è palmare: nel “Contratto per il governo del cambiamento” stipulato tra i vicepresidenti del Consiglio dei Ministri Di Maio e Salvini, al primo paragrafo del capitolo “Giustizia”, terzo capoverso, leggiamo: “Occorre una rivisitazione della geografia giudiziaria – modificando la riforma del 2012 che ha accentrato sedi e funzioni – con l’obiettivo di riportare tribunali, procure ed uffici del giudice di pace vicino ai cittadini e alle imprese”.

In effetti, l’esigenza è dei territori: il disagio non riguarda categorie professionali, bensì milioni di cittadini, sotto vari aspetti; non a caso, al tavolo di coordinamento del convegno, con il coordinatore Galazzo e La Via, sedevano i sindaci Liborio Porracciolo (Mistretta) e Andrea Sala (Vigevano), altri erano in sala.

Si teme che, nonostante il “Contratto per il governo”, al ministero stiano tentando di glissare sull’argomento. Riuscirà il ministro pentastellato Bonafede a imporsi sulla burocrazia ministeriale?

Il coordinamento è in apprensione, consapevole della complessità che comporta il “passo indietro” chiesto. “Pacta sunt servanda”, tuona La Via, dichiarandosi poi, con garbo e misura, pronto a collaborare e fornire ogni aiuto per ricucire questa e altre situazioni.

Pro memoria. Il Tribunale di Gela, istituito e costruito sotto  pressione politica per l’eccezionalità della criminalità locale, sorge su un terreno mai acquisito: il comportamento etico delle istituzioni, assunto risalente al ventennio fascista sul quale si adagiarono le sopravvenienti paludi democristiane e “rosse”, alla prova dei fatti e della più recente storia nazionale non regge. Il governo “del cambiamento” potrebbe avvantaggiarsene, consapevole che ogni vantaggio comporta un prezzo. I cittadini dei territori privati dei presidi giudiziari sarebbero grati.

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