Al “Brancati” di Catania, con L’albergo del libero scambio va in scena la pochade francese di Georges Feydeau

Al “Brancati” di Catania, con L’albergo del libero scambio va in scena la pochade francese di Georges Feydeau

Carlo Majorana Gravina

 

La satira corrosiva di Georges Feydeau sulla società borghese del tardo Ottocento e primo Novecento, ha arricchito il progetto del centro di produzione teatrale “Teatro della Città” sulla commedia borghese nel repertorio internazionale, affiancato all’attenzione da sempre rivolta al teatro di tradizione e alla commedia italiana.

La proposta dell’opera di Georges Feydeau rientra nel progetto del Teatro della Città sulla commedia borghese nel repertorio internazionale che si affianca all’attenzione da sempre rivolta al teatro di tradizione e alla commedia italiana. «Il progetto – spiega il regista Sebastiano Tringali – riguarda la gestione della comicità nella drammaturgia internazionale. Dopo il commediografo inglese Ayckbourn, abbiamo pensato di pescare nel repertorio della pochade francese ed è probabile che il prossimo anno approderemo a quella russa».

Questa pochade del commediografo francese L’albergo del libero scambio, è andata in scena con le musiche originali di Matteo Musumeci, scene Susanna Messina, costumi Sorelle Rinaldi, luci Sergio Noè: non è un dettaglio, bensì un aspetto sostanziale dell’attività filologica dell’ente, quale centro di produzione.

«Eliminando pochi elementi a contorno ed effettuando qualche spostamento e lievi modifiche – sostiene Tringali –, riteniamo aver mantenuto viva la verve dell’originale: una tra-riduzione in cui la regia, dovendosi confrontare con gli spazi teatrali, in alcuni casi fa ricorso all’allusione, ma perlopiù l’uso dell’ambientazione e i costumi contribuiscono ad alimentare il racconto».

In scena undici bravissimi attori: Filippo Brazzaventre (Pinglet  costruttore), Olivia Spigarelli (Angélique moglie di Pinglet), Alessandra Cacialli (Marcelle moglie di Paillardin), Riccardo Maria Tarci (Paillardin, architetto amico di Pinglet), Plinio Milazzo (Mathieu, amico dei Pinglet), Dodo Gagliarde (Bastien, gestore dell’albergo), lo stesso Sebastiano Tringali (nel ruolo di Boucarde, ispettore di polizia), Lorenza Denaro (Victoire, domestica di casa Pinglet), Giuseppe Aiello (Maxime, nipote di Paillardin) Marianna Occhipinti e Paola Bonaccorso (Violette e Marguerite figlie di Mathieu).

«La commedia di Feydeau – conclude il regista – permette di evidenziare le qualità di un’intera compagnia teatrale non affidando lo svolgimento della storia a pochi protagonisti, ma coinvolgendo tutti i personaggi nella creazione di quegli incidenti nella “macchina teatrale” cui Feydeau affidava il gioco della commedia e della comicità».

Al figlio Michel, Feydeau confidava «se vuoi far ridere, prendi dei personaggi qualunque, mettili in una situazione drammatica e procura di osservarli da un’angolazione comica»: spesso, infatti, non i personaggi sono strani, ma le situazioni in cui si trovano; i meccanismi con i quali le costruisce impeccabili, ingegnosi, perfetti. Jean Poiret, suo continuatore, nell’allestirne un’opera dichiarava «quello che stiamo facendo non è serio… ma bisogna farlo con molta serietà»

Le indicazioni che Feydeau dava sulla messa in scena, si moltiplicano incalzanti, influenzando i dialoghi che risultano serrati, senza sbavature, netti del superfluo, che suggeriscono quel ritmo “stretto” di recitazione che contribuisce a far nascere il riso.

Dell’autore, Jean Cocteau racconta: «quando ero molto giovane e rientravo a casa, mi capitava di fermarmi alla terrazza di Maxim dove venivo attratto da uno strano uomo.  Era Feydeau. Distinto, il colletto del soprabito sollevato, la bombetta calata su un viso piccolissimo, gli occhi semichiusi fino ad essere fessure, i baffi corti, portava lentamente alla sua bocca sinuosa un sigaro enorme. Lo accompagnavo spesso fino al chiosco del giornalaio della stazione Saint Lazare, con il quale conversavo fino all’alba. Feydeau non parlava mai del suo teatro, componeva di nascosto, come un vizio. Il teatro era il suo “vizio”. E in esso riversava la sua umanità e la sua fantasia più folle».

In questa commedia di esilaranti malintesi, vertiginosi colpi di scena e deliziose situazioni comiche, Feydeau ha dato certamente libero sfogo al suo “vizio” del teatro, alla sua immaginazione, alla sua geniale, travolgente capacità di far ridere, merito anche dell’abile scenografia “a porte girevoli” dell’albergo: espediente intelligente che ha assicurato il ritmo del susseguirsi di scene e siparietti del testo teatrale.

Feydeau visse agli esordi del cinema; anche lui, come altri illustri e celebrati (Verga, Puccini) avvertiva valenze e suggestioni possibili per mezzo della nuova arte: il secolo breve si apriva al progresso e ai grandi cambiamenti.  

 

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