“Il giovane Picasso” alle origini del cubismo Un documentario a Palermo
“Il giovane Picasso” alle origini del cubismo
Un documentario a Palermo
Angela Ganci
La vita di Pablo Picasso, il genio, l’artista per antonomasia, l’innovatore del ventesimo secolo, il pittore la cui fama raggiunse i confini del mondo, raccontato attraverso le sue opere e la critica di studiosi che oggi ricordano e spiegano al pubblico la sua straordinaria vivacità artistica e il suo essere un ribelle, tratto tipico di ogni artista che rompe con le consuetudini e le certezze del passato.
“Il Giovane Picasso”, documentario sull’evoluzione artistica di Picasso, in proiezione presso il Cinema “Rouge et Noir” di Palermo, per molti, rappresenta un modo nuovo, gradevole, specialistico a tratti, ma mai banale o incompleto, di accostarsi all’artista, alla logica della sua pittura, seguendo passo passo il rinnovamento artistico fino all’arte cubista, di cui Picasso è l’iniziatore.
E così, attraverso la testimonianza di personalità come Rafael Ingada della Fondazione Picasso, ripercorriamo l’infanzia di Picasso a Malaga, e le sue passioni, i tori, il flamenco: infatti, risulta chiaro che la sua opera riuniva il Sud della Spagna di cui apprezzava tori, colombe e piccioni.
Visitiamo quindi la casa della nascita, le foto da bambino, e lo speciale rapporto con il padre, un insegnante di arte che sempre lo appoggiò perché comprese subito il suo talento e volle esaltarlo, sostenerlo, economicamente e moralmente.
A dieci anni, il trasferimento a La Coruña, ennesimo viaggio di un artista che sembra prendere di volta in volta a prestito suggestioni, paesaggi, oggetti e persone, pur avendo sempre nel cuore la Spagna e prediligendo persone e paesaggi della terra natale.
Una terra e una famiglia ospitali, una famiglia presente, essenziale per la crescita artistica di un giovane talento, che molti paragonarono a Giotto e Raffaello.
E così, quasi insensibilmente, siamo accompagnati verso la Prima Grande Svolta dell’artista, con il suo trasferimento a Barcellona, la patria della cultura spagnola, dove forte cresce il suo desiderio di ribellione: Picasso, artista ribelle anticonformista, trasgressivo, con solide basi per l’ottima preparazione accademica ricevuta.
Trasgressione che si evinceva nei soggetti delle sue opere, come prostitute, ma anche adesione alle mode del tempo, raffigurando soggetti classici, “vendibili”, come il malato e l’ospedale; suo tratto tipico, dipingere le mani degli infermi, caratteristico del periodo di Barcellona.
Senza voler ripercorrere troppo pedissequamente la vita di un artista celeberrimo, e non svelare eccessivamente le sequenza di un documentario ricco di testimonianze e spunti di riflessione, resta centrale il trasferimento del giovane artista a Parigi, città cosmopolita, dove la sua opera conosce una frenesia tale che Tutti riconoscono il fuoco, il genio, Picasso dipingeva due o tre dipinti al giorno, con soggetti e figure sempre diversi, dalle prostitute solitarie ai gruppi di ricchi che ballavano.
Picasso, un osservatore delle persone, dei colori, utilizzatore massivo delle tonalità brillanti, di rosso, giallo, sulla scia degli Impressionisti; un uomo dedito al lavoro, al punto da essere etichettato di lavorare no stop, socievole, in grado di legare con gli spagnoli suoi coinquilini a Parigi, ma anche solitario, nelle sue creazioni, con orari di lavoro particolarmente singolari, che lo vedevano operoso prevalentemente durante la notte.
Si arriva così al Periodo Blu dell’artista, che ogni conoscitore di certo apprezza e coglie nel messaggio essenziale: un periodo di ricerca dell’identità artistica, con il suo famoso autoritratto o i dipinti di persone che egli vedeva per strada o di amici, dove, con tinte monocromatiche, l’interesse era tutta nella rappresentazione dei concetti, come quello di povertà, piuttosto che delle persone povere in quanto tali, consacrando di fatto il suo periodo simbolista.
Eccoci quindi dentro il Periodo Rosa, testimone della versatilità artistica di un Picasso attratto ora dal circo, mondo colorato e gaio, dai mercanti d’arte, fino a quei corpi sempre più geometrizzati, ovali, vero culmine della sua arte, dove le influenze impressioniste svaniscono e si gettano le basi per la costruzione del cubismo e dell’opera per cui Picasso passerà alla storia, Les Demoiselles d’Avignon: volti privi di espressività, determinante influsso delle maschere e del primitivismo di Paul Gauguin.
Les Demoiselles d’Avignon, icona di nudo, di una femminilità senza filtri, dove lo spettatore diventa voyeur, dove le donne incrociano lo sguardo di uno spettatore attonito, in modo decisamente aggressivo, dove volutamente Picasso non rappresenta i clienti dei bordelli.
Ecco sancito uno stile di libertà geometrica, emergere una violenza del dipinto, ispirato da fonti artistiche come le maschere africane o egizie, sulla scia di Paul Gauguin.
Ecco la nascita del cubismo: rappresentare il mondo da più punti di vista, non rappresentando fedelmente la realtà, perché l’oggetto rimane complesso, ricomponibile solo nella memoria, non nella realtà spaziale.
Un’inesorabile vittoria artistica, con il trionfo dell’arte cubista nell’anno 1916, dell’avanguardia e del primitivismo. Un quadro in grado di sconvolgere, ieri come oggi, che ci fa interrogare sul perché l’artista abbia consapevolmente voluto rompere con la tradizione, consegnandoci un quadro che molti definirono Brutto, ma che oggi è universalmente considerato l’inizio dell’arte moderna del Ventesimo secolo.