Oncologi, Giornalisti e Pazienti: un dialogo possibile?
Oncologi, Giornalisti e Pazienti: un dialogo possibile?
Angela Ganci
Medicina e giornalismo: un sodalizio necessario, allorché si parla correttamente di salute e si voglia informare efficacemente il lettore sulle innovazioni della medicina, così come sull’eventuale tossicità di un farmaco, nell’ottica di un’informazione vera, essenziale, trasparente.
In cosa esattamente consiste la Santa Alleanza di cui le due discipline necessitano per adempiere al compito alto di un’informazione scientifica appropriata?
Se n’è parlato diffusamente durante il Corso Nazionale Cinbo, Educational School of Oncology, una due giorni di formazione tenuta a Palermo, presso la sontuosa cornice dell’Eurostars Centrale Palace. Partendo dalla premessa per cui se una notizia appare su un giornale in qualche modo influenza il lettore, soprattutto se non ben contestualizzata e considerata per se stessa, fino a destare scalpore, potenziale allarmismo, il giornalista è tenuto a collaborare con l’oncologo a cui chiede di attenersi ad alcune semplici regole durante le interviste al fine di informare senza allarmismi o, al contrario, indebiti ottimismi.
“Noi giornalisti dobbiamo sempre considerare, quando ad esempio diamo la notizia ad effetto che un farmaco funziona, di specificare sempre notizie collegate, come la classe di persone con il quale è più efficace, ovvero i costi e gli effetti collaterali” apre i lavori Paolo Giorgi, Agenzia Agi di Roma.
Completezza e semplicità dell’informazione, in un’epoca in cui l’informazione oncologica trova sempre maggiore spazio, e dove si punta l’attenzione su argomenti sensibili quali la qualità di vita, la sostenibilità delle cure e i diritti del malato.
Un mettersi dalla prospettiva del lettore per meglio comprendere le informazioni da veicolare, poiché ciò che conta è il lettore, mai il medico o il giornalista.
Cosa chiede quindi in definitiva il Giornalista al Medico-scientifico all’oncologo e viceversa e come questi possono collaborare per il fine comune di informare senza sensazionalismi e senza eccessivi ottimismi?
Sette i punti chiave del dibattito, secondo Vera Martinella di Fondazione Veronesi Corriere Salute, in una sorta di Agenda che chiede all’Oncologo Sincerità, Onestà intellettuale, Chiarezza espositiva, aspetto complesso per un medico abituato a utilizzare un linguaggio specialistico con i colleghi, Tempestività, Disponibilità, Contestualizzazione e Materiale “Comunicativo”, e a cui lo Specialista risponde punto per punto, in un dialogo che ha portato con sé un confronto vivace, con spunti di riflessione notevoli.
“Riconosciamo l’importanza di tali punti – replica Giorgio Scagliotti, Università degli Studi di Torino – Chiediamo però anche noi un margine di collaborazione: per esempio riguardo alla tempestività, talvolta, siamo sinceramente disponibili, ma in difficoltà nel rilasciare subito un’intervista, prima di consultarci con un collega più esperto, a beneficio della qualità della notizia. Non nascondiamo peraltro che ricevere richieste di interviste in particolari orari serali, non ci permette di rispondere per ottemperare a esigenze primarie, come dormire. Riteniamo infine che la chiarezza espositiva sia complessa da realizzare, come la selezione dei messaggi, a fronte di un solo minuto di spazio, per cui chiediamo da parte vostra pazienza e maggiore formazione in proposito”.
E, mentre si continua a discutere di alcuni aspetti chiave, come l’importanza di un Ufficio Stampa che fornisca materiale “comunicativo” a disposizione del giornalista, un altro tema fondamentale si dipana e diventa il focus dell’intervento delle Associazioni dei pazienti: la comunicazione efficace tra medico e paziente, soprattutto nel delicato momento della diagnosi di tumore.
Se è vero, infatti, che l’informazione mediatica ha influenza sul paziente e sul lettore, è infatti indubbio che un’efficace comunicazione con il medico consente di non farsi condizionare da notizie che possono non essere corrette ed essenziali, fino ad assumere i connotati delle fake news.
“Il rapporto con il medico è essenziale in ogni fase della malattia – sostiene nel suo concitato intervento, Anna Mancuso di Salute Donna Onlus – Se il paziente si sente supportato non cerca su Internet le notizie sulla sua malattia tumorale, di per sé traumatica; quando lo fa, è perché teme il giudizio, generalmente su temi imbarazzanti come la fertilità. Il medico, attraverso un’informazione corretta ha il dovere di non fare aumentare l’ansia del paziente, inoltre il medico deve smettere di fare il burocrate, concedendo pochi minuti per l’ascolto. Per i medici poco empatici suggeriamo di seguire dei corsi di empatia, capacità che si può sviluppare nel tempo. Chiediamo ai medici sincerità: se un paziente non riesce ad accettare la morte e va alla ricerca di esami esagerati, egli ha il dovere di farglielo presente, affinché questi si fermi, concependo la morte quale essa è, ovvero una possibilità dell’esistenza. Il malato non ha bisogno di sentire frasi fatte, come Domani starà meglio: se la morte è prossima, la menzogna, a mio avviso, non è uno strumento deontologico da utilizzare. Riguardo ai giornalisti essi sono parte della cura, e una notizia allarmante o troppo ottimistica fa perdere non solo tempo, ma vita stessa: insomma, le delusioni delle false speranze mediatiche sono nocive e mortali, quanto il cancro stesso”.
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