Cold Case
Nominato team di avvocati per fare riaprire l’inchiesta
sull’omicidio del Procuratore Gaetano Costa. Un delitto senza colpevoli.

Alla Fondazione “Costa”, nell’anniversario della scomparsa
dell’avv. Michele Costa, Gaetano Costa – affermato artista
espressionista polimaterico di livello europeo, nipote del
magistrato ucciso con i colpi esplosi da una Smith e Wesson 44
anni fa in via Cavour -, ha organizzato un momento di riflessione
insieme alla Fondazione Sicilia e all’Anm.
«Mio padre si è battuto fino alla fine affinché fosse garantita
giustizia, in merito a questa vicenda. Sulla riapertura delle
indagini sull’omicidio di mio nonno ci stiamo lavorando; dico
solo che in un paese civile questo processo sarebbe stato già
riaperto. Ci sono alcune notizie, polverose, che avrebbero dovuto
già innescare un atto dovuto. Io so come si sono svolte le
dinamiche dell’omicidio di mio nonno e so come la polizia,
mezz’ora dopo l’accaduto, già brancolava nel buio. So che i
testimoni riuscivano a confondersi e a vedere uno una cosa e
l’altro un’altra».
«Avere fiducia nella giustizia dopo 45 anni è difficile – ha
proseguito -. Mia nonna è morta avendo fiducia nella
magistratura, mio padre le ha dato tutta la fiducia possibile e so
che è morto, poi, nella totale mancanza di fiducia. Ma ho fiducia
nella variabile umana. Quindi dico che è una partita difficile, ma
non è detto che non si vinca. Nessuno ha aperto i fascicoli di mio
nonno, nessuno ha continuato il suo lavoro. È una morte che
imbarazzava tutti: anche nei piccoli gesti imbarazzava i vivi che
tiravano a campare perché avevano famiglia».
«Michele Costa si interrogava se qualcosa di più fosse stato
possibile fare, per saperne di più circa la morte del padre. Un
tempo non si ebbe il coraggio di attribuire con assoluta chiarezza
alla mafia l’assassinio. Solo dopo 43 anni è comparsa la parola
mafia nella paternità dell’omicidio del procuratore Costa».
Alla riflessione commemorativa ha fatto la decisione di riaprire il
caso: un delitto eccellente senza colpevoli.
«Il procuratore Costa – ha sostenuto Claudio dall’Acqua,
presidente della fondazione -, fu il primo ad adottare un metodo
di indagine poi portato avanti, tra gli altri, da Giovanni Falcone.
Costa puntò a svelare il rapporto tra mafia e zone grigie
dell’imprenditoria e della politica».
Ricordando la figura del padre Michele, Gaetano Costa aggiunge:
«Mio padre anticipò quasi tutto quello che è successo dopo, a
distanza di trent’anni, ossia che fidarsi troppo dei pentiti sarebbe
stato un grave errore, perché i pentiti sono dei manipolatori. Noi
dobbiamo recuperare la capacità di guardare nello stesso modo in
cui sapeva guardare chi oggi è venuto a mancare. Lo sguardo di
Gaetano Costa – ha ricordato Giovanbattista Tona, consigliere
di Cassazione – è quello che ha riproposto Michele Costa nella
sua esistenza. Quando si parla di misure di prevenzione, ad
esempio, il procuratore Costa diceva, basta, non servono più. Se
noi continuiamo ad utilizzare questi strumenti è come se
continuassimo ad usare il piccone quando siamo arrivati alla
pietra».
«È stato facile – ha aggiunto – dimenticare o non approfondire le
vicende che si muovevano, prima, dopo e durante l’omicidio di
Costa, rispetto alle dinamiche che si muovevano attorno ai
fenomeni degli interessi mafiosi».
NOMINATO UN TEAM PER RIAPRIRE IL CASO
Tre avvocati di Caltanissetta sono stati chiamati dalla Fondazione
“Gaetano Costa” a far parte del team impegnato a studiare il caso
rileggendo fascicoli e carteggi delle due sentenze per far riaprire
le indagini su uno dei delitti eccellenti durante la scalata
criminale dei corleonesi. L’indagine documentale è stata affidata
agli avvocati Salvatore e Antonino Falzone insieme a Michele
Ambra. Sulle indagini che stava seguendo il procuratore Gaetano
Costa si stanno concentrando i tre avvocati i quali – grazie al
supporto dell’avvocato Giuseppe Zupo, parte civile al processo
di Catania -, stanno rileggendo tutta la documentazione
giudiziaria: vecchi documenti, ormai ingialliti, si incrociano gli
atti di altri processi consapevoli che le indagini iniziali sono state
lacunose.
«Stiamo provando a fare il punto della situazione individuando
quegli aspetti critici che ci possano consentire la ripartirà delle
indagini – spiega Salvatore Falzone – per esempio, il pentito
Mutolo, in un interrogatorio nell’ambito del processo di Mario
Francese, disse ad un certo punto che tutti gli omicidi eccellenti
della mafia vengono decisi dalla commissione, tranne in due casi:
uno di questi fu il caso di Costa, il cui omicidio maturò in un
contesto che lui definì come assolutamente peculiare. A noi non
risulta che nessuno abbia mai chiesto a Mutolo in cosa
consisteva la peculiarità dell’omicidio Costa. Poi c’è la questione
della Guardia di finanza che aveva la delega alle indagini».
Costa, poco prima di essere ammazzato firmò gli arresti a carico
di 55 persone delle famiglie Spatola – Inzerillo. Sul delitto
vennero sentiti anche i collaboratori di giustizia Tommaso
Buscetta e Salvatore Contorno, poi la seconda pista – non battuta
attentamente – si aprì sul fronte agrigentino dopo alcune
confidenze ricevute dal maresciallo Giuliano Guazzelli (ucciso
anche lui anni dopo).
«Non c’è stato un impegno giudiziario serio, continuo e
competente, nel mettere sotto i riflettori la genesi e la dinamica
dell’assassinio di Gaetano Costa. Le due sentenze della corte
d’assise di Catania sono vittime delle scarse indagini che sono
state effettuate. Ma si mette in evidenza come non si potessero
avere dubbi, oltre Inzerillo, che dietro vi fossero anche un
insieme di capomafia che fossero interessati all’omicidio, perché
potevano percepire di essere messi in pericolo dalla indagini
innovative che Gaetano Costa cominciava a svolgere e che
purtroppo non ebbe il tempo di svolgere. È sorprendente la
superficialità e l’approccio riduttivo con il quale le indagini sono
state svolte».
Non ha usato mezze parole il giurista e storico esperto di diritto
penale e del fenomeno mafioso, Giovanni Fiandaca. «Riaprire
le indagini sulla morte di Gaetano Costa, come annunciato dalla
famiglia, mette di fronte un fatto: dopo 45 anni alcuni dei
responsabili potrebbero essere morti, però credo sia giusto
impegnarsi ancora per tentare di saperne di più. Penso che questo
sia il migliore modo di onorare le figure di Gaetano e Michele
Costa».


